PIERRE H. LINDNER

PIERRE H. LINDNER nasce a Stralsund (Germania) il 19 agosto 1934, è sposato e ha una figlia. Vive e lavora nella sua casa-studio tra il lago Maggiore e Varese. Si è formato in parte da autodidatta e in parte presso l’Accademia di Brera a Milano.

Nell’anno 1955 fugge dalla Repubblica Democratica Tedesca a rischio della propria vita, per la mancanza di libertà ed espressione del pensiero, e soprattutto perché non poteva frequentare un istituto d’arte, dato che suo padre, piccolo artigiano in proprio, era considerato capitalista dal regime comunista.

Nel 1959 si trasferisce in Italia dove vive e lavora tra il Lago Maggiore e Varese nella sua casa-studio. Si forma in parte da autodidatta e in parte presso l’Accademia di Brera a Milano.

Dal 1969 realizza circa 540 opere calcografiche. 1968 Nella casa a Hemmenhofen conosce Otto Dix, il quale lascia una profonda traccia nell’“ancor giovane” artista. 1985/86 viaggio in Israele, Svezia e Danimarca come exportmanager per una importante azienda.

Nell’anno 1986 apre la Stamperia del Portico a Gavirate. Nascono diverse edizioni d’arte.
Nel 1987 inizia una collaborazione con il laboratorio di
Tecniche dell’Incisione come artista e stampatore presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera a Milano, che dura fino al 1989, ed è Commissario
ufficiale esterno per gli esami di Tecniche dell’Incisione. In diversi periodi realizza incisioni raccolte in cartelle d’arte per l’immagine di aziende
e istituti come: “Lo sviluppo di un cappello” per Borsalino, “Piazza Cordusio” per Credito Italiano, “avanzamento e sollevamento di pesi dalla
antichità ad oggi” per Fiat-OM-Linde.
Nel 1986 sviluppa il design degli occhiali sportivi per la Ditta Baruffaldi di Milano.
Il 1990 è l’anno della sua scoperta del colore come conquista di un nuovo linguaggio. Seguono soggiorni a Pescara e Otranto negli anni
1990/91/92. Dal 1991 è collaboratore di “Azione” settimanale ufficiale della Migros del Ticino, dove pubblica i suoi articoli con varie
argomentazioni nella rubrica “Cucinaria”.
Nel 1992 segue uno stage a Sassuolo dove acquisisce le tecniche ceramiche per la realizzazione
di piastrelle e piatti del terzo fuoco, lavorando con i colori lustri, ori, argento e platino.
1993 Stage a Valenza per imparare le tecniche della
microfusione e i segreti degli orafi.
1994 Stage a Milano per eseguire sculture in vetro soffiato a bocca.
1995 Stage nel nord-Italia per imparare
i segreti della fusione di lastre di vetro colorate in grandi dimensioni.
Nel 2009 gli viene assegnato il “Melvin Jones”, la più alta onorificenza del Lions Club International come riconoscimento per le sue opere
sul lionismo. Nello stesso anno stage nei “Derix Glasstudios” a Taunusstein in Germania per la ricerca delle ultime tecniche nel vetro colorato,
dipinto, tagliato, inciso, morso con acidi, sabbiato e incollato.
2012 Inaugurazione del monumento alla calzatura a Parabiago situato su una
rotonda.
2014 Concorso Nazionale “Narrando per Passione”, assegnato menzione d’onore per tre racconti brevi al Premio Agrimusco dal
Comune di Patti, Sicilia – riportati in questo volume. 2015 Realizzazione e installazione della scultura in acetato di cellulosa “SENZA LUCE NON
C’E’ VITA” alla MAP, Museo d’Arte Plastica, Mazzucchelli, Castiglione Olona.

Nell’anno 1986 apre la Stamperia del Portico a Gavirate. Nascono diverse edizioni d’arte.
Nel 1987 inizia una collaborazione con il laboratorio di
Tecniche dell’Incisione come artista e stampatore presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera a Milano, che dura fino al 1989, ed è Commissario
ufficiale esterno per gli esami di Tecniche dell’Incisione. In diversi periodi realizza incisioni raccolte in cartelle d’arte per l’immagine di aziende
e istituti come: “Lo sviluppo di un cappello” per Borsalino, “Piazza Cordusio” per Credito Italiano, “avanzamento e sollevamento di pesi dalla
antichità ad oggi” per Fiat-OM-Linde.
Nel 1986 sviluppa il design degli occhiali sportivi per la Ditta Baruffaldi di Milano.
Il 1990 è l’anno della sua scoperta del colore come conquista di un nuovo linguaggio. Seguono soggiorni a Pescara e Otranto negli anni
1990/91/92. Dal 1991 è collaboratore di “Azione” settimanale ufficiale della Migros del Ticino, dove pubblica i suoi articoli con varie
argomentazioni nella rubrica “Cucinaria”.
Nel 1992 segue uno stage a Sassuolo dove acquisisce le tecniche ceramiche per la realizzazione
di piastrelle e piatti del terzo fuoco, lavorando con i colori lustri, ori, argento e platino.
1993 Stage a Valenza per imparare le tecniche della
microfusione e i segreti degli orafi.
1994 Stage a Milano per eseguire sculture in vetro soffiato a bocca.
1995 Stage nel nord-Italia per imparare
i segreti della fusione di lastre di vetro colorate in grandi dimensioni.
Nel 2009 gli viene assegnato il “Melvin Jones”, la più alta onorificenza del Lions Club International come riconoscimento per le sue opere
sul lionismo. Nello stesso anno stage nei “Derix Glasstudios” a Taunusstein in Germania per la ricerca delle ultime tecniche nel vetro colorato,
dipinto, tagliato, inciso, morso con acidi, sabbiato e incollato.
2012 Inaugurazione del monumento alla calzatura a Parabiago situato su una
rotonda.
2014 Concorso Nazionale “Narrando per Passione”, assegnato menzione d’onore per tre racconti brevi al Premio Agrimusco dal
Comune di Patti, Sicilia – riportati in questo volume. 2015 Realizzazione e installazione della scultura in acetato di cellulosa “SENZA LUCE NON
C’E’ VITA” alla MAP, Museo d’Arte Plastica, Mazzucchelli, Castiglione Olona.

Lindner è al fuori di ogni problematica contingente, proprio perché si ostina a incentrarsi nell’unico punto che supera, almeno al nostro livello, ogni contingenza: l’uomo. Si osservi attentamente L’ultimissima cena qui riprodotto: non a caso dodici personaggi, non a caso nudi, non a caso seduti sugli strumenti del loro lavoro, a volte onorabile, a volte fatuo, a volte depravato. Si osservino i loro gesti, il modo di brandire ciò che tengono in mano – e per ciascuno è un modo differente. La portata allusiva della composizione è enorme. Il senso che da essa promana è quello dell’amarezza, ma dietro ad essa si nasconde qualcos’altro.
Vanno infatti riconosciuti due livelli di sensazioni che si scatenano di fronte a queste opere: il primo capta la durezza del messaggio, o la sua ferocia, o il fango con cui l’autore copre un certo tipo di uomo o un certo tipo di società. Qui, a questo livello, agiscono i significati più ambigui dei simboli e affiora nello spettatore una sorta di gusto masochistico per l’orrido e per il ributante. Poi c’è un secondo momento, a cui si giunge quando si comincia a rendersi conto che l’autore non assurge a giudice o a moralista e che in fondo la sua critica non è rivolta a una società in disfacimento, come appunto poteva essere per Dix o Grosz o Hubbuch.
La sua durezza, che all’inizio sembrava sgradevole, assume allora un significato differente e si comprende che il discorso è solo l’uomo, o se un certo tipo di uomo, eternamente uguale, egoista e feroce sempre allo stesso modo, in qualunque società si sia trova. E si comprende anche che l’autore non si compiace di alcun giudizio. Semmai, se c’è una partecipazione, è quella di un malinconico dispiacere. Rassegnato nella misura in cui egli sa che è sempre stato e sarà sempre così.

PAOLO BELLINI, Pierre H. Lindner, NOTIZIE D’ARTE
Milano, dicembre 1973